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giovedì 5 luglio 2012

Sentenza Corte Suprema di Cassazione - Sezione lavoro 20.06.2012, n. 10127



Legislazione e dottrina
Sentenza Corte Suprema di Cassazione - Sezione lavoro 20.06.2012, n. 10127
Contratti a termine nel comparto scuola-ricorso rigettato-.
Repubblica Italiana
In nome del popolo italiano
La Corte Suprema di Cassazione
Sezione lavoro
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GUIDO VIDIRI - Presidente
Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO - Rel. Consigliere
Dott. UMBERTO BERRINO - Consigliere
Dott. ROSA ARIENZO - Consigliere
Dott. GIUSEPPE DE MARZO - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 10771-2011 proposto da:
xxx, elettivamente domiciliato in xxx, presso lo studio dell'avvocato xxx, rappresentato e difeso dall'avvocato xxx, giusta delega in atti; - ricorrente -
contro
MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITÀ, E DELLA RICERCA 80185250583, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI, 12; - controricorrente -
avverso la sentenza n. 111/2011 della CORTE D'APPELLO di PERUGIA, depositata il 22/03/2011 r. g.n. 262/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/06/2012 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;
udito l'Avvocato MASSIMO PISTILLI;
udito l'Avvocato VARONE STEFANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. COSTANTINO FUCCI, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
1. La Corte di Appello di Perugia, riformando la sentenza di primo grado, rigettava la domanda di xxx, proposta nei confronti del Ministero dell'Istruzione, dell' Università e della Ricerca, avente ad oggetto la conversione in contratto a tempo indeterminato della successione dei contratti a tempo determinato in precedenza stipulati con il detto Ministero per lo svolgimento di mansioni inerenti il settore scolastico ovvero, in via subordinata, la condanna del prefato Ministero al risarcimento del danno subito da quantificarsi in E. 5000,00 per ogni anno di lavoro svolto.
2. La Corte del merito, per quello che interessa in questa sede, premesso che il complesso della normativa regolante i contratti a termine del comparto scolastico - costituita in particolare dal D.Lgs n. 297 del 1994 e dalla Legge n. 124 del 1999 e da tutte le successive fonti regolamentari e collettive - non era stato abrogato o modificato, stante la sua specialità, dal D.Lgs n. 165 del 2001 (norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni) e dal D.Lgs n. 368 del 2001 (disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato), riteneva che il divieto di conversione del contratto a tempo determinato stabilito - ex art. 36, comma secondo, del D.Lgs n. 165 del 2001 - in via generale per il pubblico impiego operava anche per lo specifico settore della scuola. Tale divieto, secondo la Corte territoriale, trovava giustificazione nella riserva sancita, dall'art. 97, terzo comma, Cost., dell'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazione mediante concorso che non contrastava con la disciplina comunitaria contenuta nella direttiva del Consiglio dell'Unione Europea del 28 giugno 1999 n. 70 - emanata in attuazione dell'accordo quadro sui contratti a tempo determinato concluso il 18 marzo 1999 - non prevedendo tale accordo, quale unica sanzione dell'illegittima successione di contratti a termine, la conversione del rapporto a tempo indeterminato.
3. Tanto premesso la Corte di Appello rilevava che, stante la ritenuta inapplicabilità della disciplina di cui al citato D.Lgs n. 368 del 2001, oggetto dell'indagine era quello di accertare se la Pubblica Amministrazione, nella stipulazione di una serie di contratti di lavoro, aveva dato luogo ad un abuso dello strumento delle assunzioni a termine con conseguente diritto del lavoratore, alla stregua della richiamata direttiva, al risarcimento del danno.
4. L'indagine, secondo la Corte territoriale, portava ad escludere un tale abuso. Infatti, osservava la predetta Corte, da un punto di vista generale era indubitabile che le assunzioni a tempo determinato nel settore scolastico, tenuto conto delle ragioni del contenimento della spesa pubblica, erano finalizzate ad assicurare, a fronte di una certa variabilità del numero degli utenti, la costante erogazione del servizio scolastico. Ma anche avuto riguardo alla disciplina del settore, per la Corte del merito, doveva escludersi un abuso del ricorso ai contratti a termine. Invero, precisava la Corte distrettuale, il ricorrente aveva avuto supplenze annuali su organico di fatto - ossia posti non vacanti ma di fatto disponibili -, seguite, con intervallo di due mesi, da supplenze temporanee in sostituzione di personale assente, cui erano succedute, infine, supplenze su organico di diritto - cioè posti disponibili e vacanti- espletate presso molteplici scuole.
5. Per inciso, annotava la Corte di appello, si trattava, comunque, di contratti stipulati ai sensi di specifica disciplina che conteneva in sé l'enunciazione, sia pure con una valutazione compiuta ex ante, delle ragioni organizzative poste a fondamento dell'assunzione. Pertanto, anche in ipotesi di applicabilità del D.Lgs n. 368 del 2001 non poteva ritenersi l'illegittimità delle assunzioni per l'omessa indicazione delle ragioni organizzative, tecniche e produttive che erano destinate a soddisfare.
6. Nessun abuso, in particolare, secondo la Corte del merito, era configurabile rispetto alle assunzioni per la sostituzione di personale assente per malattia o altra causa, con diritto alla conservazione del posto di lavoro, e con riguardo alle supplenze su organico di fatto, giacché le esigenze da soddisfare erano effettivamente contingenti ed imprevedibili e tali di per sé da far escludere una condotta abusiva.
7. Analogamente la Corte territoriale escludeva la configurabilità di qualsivoglia abuso con riferimento alle assunzioni per supplenze su organico di diritto e tanto in considerazione, e delle ragioni obiettive sottese a tali assunzioni, e della circostanza che ciascun incarico era svincolato dai precedenti, di cui non costituiva né proroga né prosecuzione, non senza tener conto che l'amministrazione non poteva scegliere liberamente il lavoratore con cui stipulare il contratto dovendosi attenere alle graduatorie permanenti provinciali per gli incarichi su organico di diritto, o, per le supplenze su organico di fatto o temporaneo, alle graduatorie interne o d'istituto.
8. Avverso questa sentenza xxx ricorre in cassazione sulla base di due censure, specificate da memoria.
9. Resiste con controricorso il Ministero intimato che deposita, altresì, memoria illustrativa.
Motivi della decisione
10. Con la prima censura il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione del considerando n. 16, dell'art. 2, della Direttiva del Consiglio Ce 1999/70/CE del 28 giugno 1999; nonché del preambolo (commi 2, 3 e 4, dei punti 6, 7, 10 delle considerazioni generali, della clausola 1, letta B), della clausola 2, punto 1), della clausola 5, punto 1), dell'Accordo Quadro CES-UNICE - CEEP sul lavoro a tempo determinato del 18 marzo 1999, recepito ed allegato alla Direttiva Comunitaria 1999/70/CE; ed, infine, degli artt. 1, 4, 5 (commi 4 e 4 bis), 10, 11 del D.Lgs 368/2001 anche in combinato disposto con l'art. 4 della legge 4 giugno 1999 n. 124.
11. Sostiene il ricorrente che la legge n. 124 del 1999 sui contratti a termine del comparto scuola è stata, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di Appello, abrogata dal D.Lgs n. 368 del 2001 sui contratti a termine essendo la prima disciplina incompatibile con la seconda e non rientrando la legge n. 124 tra quelle menzionate nell'art. 10 del D.Lgs n. 368.
12. Argomenta, poi, il ricorrente che, comunque, la menzionata legge n. 124 del 1999 non è conforme al diritto comunitario e tanto, tra l'altro, in considerazione del rilievo che l'Amministrazione è perfettamente a conoscenza delle proprie esigenze di organico, sicché non vi sono ragioni obiettive per la giustificazione dei rinnovi dei contratti a termine, né limitazioni alle ripetizioni atteso che i posti sono dichiaratamente vacanti.
13. Richiama, inoltre, il ricorrente le sentenze Marrosu e Vassallo relative ai contratti a termine del comparto sanità nonché Adelener.
14. Sottolinea che nel comparto scuola sono possibili reiterazioni ventennali e addirittura trentennali.
15. Contesta, infine, il ricorrente la ritenuta imprevedibilità delle esigenze e chiede porsi questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia in punto di compatibilità tra la disciplina nazionale di cui alla legge n. 124 del 1999 e la Direttiva Comunitaria denunciata.
16. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell'art. 36 del D.Lgs 30 marzo 2001 n. 165 anche in relazione al considerando n.16, dell'art. 2, della Direttiva del Consiglio Ce 1999/70/CE del 28 giugno 1999; nonché del preambolo (commi 2, 3 e 4, dei punti 6, 7, 10 delle considerazioni generali, della clausola 1, letta B), della clausola 2, punto 1) , della clausola 5, punto 1), dell'Accordo Quadro CES-UNI CE - CEEP sul lavoro a tempo determinato del 18 marzo 1999, recepito ed allegato alla Direttiva Comunitaria 1999/70/CE; nonché ancora degli artt. 1, 4, 5 / commi 4 e 4 bis), 10, 11 del D.Lgs 368/2001.
17. Deduce, in sintesi, il ricorrente a supporto del motivo in esame - ed a confutazione della tesi espressa dalla Corte del merito circa l'inapplicabilità nel settore pubblico della conversione del contratto a tempo indeterminato in caso di abuso del ricorso ad assunzioni a termine - che questa Corte di cassazione con sentenza n. 9555 del 2010 ha applicato - nel caso di dipendenti INAIL addetti alla custodia di stabili - la sanzione della conversione.
18. I due motivi, in quanto strettamente connessi dal punto di vista logico-giuridico, vanno trattati unitariamente.
19. Rileva, preliminarmente, la Corte che deve ritenersi, oramai, principio di diritto vivente, nella giurisprudenza di legittimità, l'affermazione secondo la quale il D.Lgs. n. 165 del 2001 riconosce la praticabilità del contratto a termine e di altre forme negoziali flessibili nel rapporto di lavoro pubblico valorizzando il ruolo della contrattazione collettiva con l'attribuire alla stessa di una più accentuata rilevanza rispetto al passato e prevede, in caso di violazione di norme imperative in materia, un proprio e specifico regime sanzionatorio costituito dal diritto del lavoratore al risarcimento del danno (Cass. 20 marzo 2012 n. 4417, Cass. 31 gennaio 2012 n. 392, Cass. 15 giugno 2010 n. 14350 e Cass. 7 maggio 2008 n. 11161).
20. Principio quest'ultimo non contrastante con la direttiva 1999/70/CE, in quanto idoneo a prevenire e sanzionare l'utilizzo abusivo dei contratti a termine da parte della pubblica amministrazione e che è consequenziale alla configurazione come regolamentazione speciale ed alternativa a quella prevista dal D.Lgs. n. 368 del 2001 relativa alla disciplina generale del contratto a termine (per tutte V. ordinanza 1 ottobre 2010, causa 03/10, Affatato, punto 40, e giurisprudenza comunitaria conforme ivi richiamata, secondo cui la clausola 5 dell'accordo quadro non osta, in quanto tale, a che uno Stato membro riservi un destino differente al ricorso abusivo a contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione a seconda che tali contratti siano stati conclusi con un datore di lavoro appartenente al settore privato o con un datore di lavoro del settore pubblico).
21. Nella materia di cui trattasi, invero, tale speciale regolamentazione propria del settore pubblico non può ritenersi abrogata da quella stabilita in via generale dal richiamato D.Lgs. n. 368 del 2001 stante l'immanenza della regola lex posterior generalis non derogat legi priori speciali (Cass. 31 gennaio 2012 n. 392 cit.).
22. Né contrasta con siffatto principio il precedente di questa Corte, di cui alla sentenza del 22 aprile 2010 n. 9555, secondo il quale la deroga alla sanzione della conversione del contratto a termine in rapporto a tempo indeterminato, prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001, trova applicazione per i rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni diversi da quelli di vigilanza e custodia.
23. Tale asserzione, infatti, si basa fondamentalmente sulla considerazione che, come già sancito da questa Corte (sent. 3 agosto 1990 n. 7774), il rapporto fra l'INAIL ed i portieri addetti alla vigilanza e custodia di edifici di proprietà del primo, pur essendo di pubblico impiego, è disciplinato, nel suo contenuto, da un contratto collettivo di natura privatistica che lo sottrae all' operatività della legge sul parastato (n. 70 del 1975), per effetto del successivo D.P.R. n. 411 del 1976, che disciplina il rapporto di lavoro del personale degli enti pubblici e non sul presupposto secondo cui la relativa instaurazione non avviene mediante pubblico concorso e neppure tramite particolari procedure selettive. Quest'ultimo rilevo, invero, è utilizzato, nella struttura argomentativa della Corte, al solo fine di rafforzare la rilevata regolamentazione sostanzialmente "privatistica", del rapporto in parola.
23. D'altro canto il giudice delle leggi, nella sentenza 27 marzo 2003 n. 89, nel giudicare la norma di cui all'art. 36, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001 cit. conforme ai parametri costituzionali, sanciti dagli artt. 3 e 97 Cost., ha sottolineato che il principio dell'assunzione dei pubblici dipendenti mediante concorso, posto a presidio delle esigenze di imparzialità e buon andamento dell'amministrazione, rende di per sé palese la non omogeneità delle situazioni poste a confronto e giustifica la scelta del legislatore di ricollegare alla violazione di norme imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego dei lavoratori da parte della P.A. conseguenze di carattere esclusivamente risarcitorio, in luogo della conversione in rapporto a tempo indeterminato prevista per i lavoratori privati. Né la scelta operata dal legislatore, ha sottolineato il predetto giudice, contrasta con il canone della ragionevolezza, in quanto la stessa norma costituzionale individua appunto nel concorso lo strumento di selezione del personale, in linea di principio, più idoneo a garantire l'imparzialità e l'efficienza della P.A. Del resto, mirando il concorso a selezionare tra i concorrenti quelli che possiedono in misura maggiore i requisiti attitudinali e professionali richiesti, non è irragionevole la norma che tuteli i vincitori in modo diverso dai concorrenti che, pur non essendone privi, tuttavia non hanno dimostrato di possedere un uguale grado di preparazione.
24. Tanto precisato osserva il Collegio che, per quanto attiene il comparto della scuola, il citato D.Lgs n. 165 del 2001 sancisce, all'art. 70, comma ottavo, che "Sono fatte salve le procedure di reclutamento del personale della scuola di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 e successive modificazioni ed integrazioni".
25. Da ciò consegue, sulla base coordinamento delle previsioni di cui al richiamato D.Lgs n. 165 del 2001, che il sistema del reclutamento del personale della scuola, di cui al d.lgs. n. 297 del 1994 e successive modificazioni ed integrazioni, è escluso dall'ambito di applicazione della normativa dei contratti a termine prevista per i lavoratori privati.
26. Rilevano, in particolare, ai fini di cui trattasi, la prima parte del secondo comma dell'art. 2 - il quale stabilisce che "I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto"-, e l'art. 36 - il quale, come detto, riconosce la praticabilità del contratto a termine e di altre forme negoziali flessibili nel rapporto di lavoro pubblico rimettendo ai contratti collettivi nazionali la previsione della relativa disciplina "in applicazione di quanto previsto dalla legge 18 aprile 1962 n. 230, dall'articolo 23 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, dall'articolo 3 del decreto legge 30 ottobre 1984 n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, dall'articolo 16 del decreto legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n.451, dalla legge 24 giugno 1997, n. 196, nonché da ogni successiva modificazione o integrazione della relativa disciplina"-.
27. Tanto determina che la disciplina sul reclutamento del personale assunto a termine del cd. settore scolastico, ex d.lgs. n. 297 del 1994, non può ritenersi abrogata dal D.Lgs n.368 del 2001.
28. Quest'ultimo provvedimento legislativo, infatti, costituisce una "successiva" modificazione o integrazione della disciplina sul contratto a termine in generale rispetto alla quale vi è la specifica e generale previsione di esclusione, ex comma ottavo dell'art. 70 del D.Lgs n. 165 del 2001, che vale a conferire, altresì, alla normativa relativa al reclutamento in parola il connotato di specialità rispetto alla legge in generale, sì da escluderne ogni incidenza da parte di successivi interventi legislativi di tal genere.
29. Ciò, tra l'altro, corrisponde al principio, immanente del nostro ordinamento giuridico secondo il quale lex posterior generalis non derogat legi priori speciali (V. per tutte Cass. 31 gennaio 2012 n. 392 cit.).
30. Né può sottacersi al riguardo che la già evidenziata specialità della normativa sul reclutamento del personale nel settore della scuola che giustifica - come rilevato - la sua assoluta "impermeabilità" alla disciplina del D.Lgs. n. 368 del 2001, si manifesta anche con riferimento a tutti i restanti settori della pubblica amministrazione, nei quali i contratti di lavoro a termine assumono caratteri differenziati da quelli riscontrabili nell'ambito del personale scolastico, in cui le peculiari finalità ad essi sottese - oltre ad escludere la conversione a tempo indeterminato - portano ad escludere la stessa configurabilità di un abuso del diritto nei termini patrocinati dal ricorrente.
31. A diverse conclusioni non può indurre neanche l'art. 9 del D.L. n. 70 del 2011, convertito in L. n.106 del 2011, il quale, con il comma 18, ha aggiunto, all'art. 10 del D. Lgs. n.368 del 2001, il comma 4 bis secondo il quale: "Stante quanto stabilito dalle disposizioni di cui all'articolo 40, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, all'articolo 4, comma 14-bis, della legge 3 maggio 1999, n. 124, e all'articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono altresì esclusi dall'applicazione del presente decreto i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA, considerata la necessità di garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo anche in caso di assenza temporanea del personale docente ed ATA con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed anche determinato. In ogni caso non si applica l'articolo 5, comma 4-bis, del presente decreto".
32. Trattasi, invero, di esplicitazione di un principio che, in quanto già enucleabile, alla stregua di quanto in precedenza rimarcato, dal precedente sistema, non ha comportato alcuna innovazione e risponde, piuttosto, all'esigenza, avvertita dal legislatore, di ribadire, a fronte del proliferare di controversie sulla illegittimità delle assunzioni a termine nel settore in parola, di una regula iuris già insita nella legislazione concernente la c.d. privatizzazione del pubblico impiego.
33. E che il suddetto art. 9 non può che aver valore d'interpretazione autentica, per rendere chiaro ed espresso quello che si evinceva dal precedente sistema normativo, deve ritenersi certo perché se si dovesse diversamente interpretare, nel senso di consentire la conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato con il conseguente riconoscimento del risarcimento dei danni, si finirebbe per legittimare una totale disapplicazione del D.Lgs n. 165 del 2001 con riferimento al personale della scuola.
34. Per di più si determinerebbe una violazione dei criteri di efficienza per incidere sugli organici del personale della scuola e sulla complessa amministrazione del settore e, conseguentemente, penalizzando il merito e gli altri principi posti a fondamento del rapporto di pubblico impiego, nel cui ambito va collocato (con riferimento alle finalità perseguite dalle disposizioni di cui agli artt. 4, 5 e 10 del citato D.Lgs n. 165 del 2001) il detto personale. Ed, infine, si finirebbe per attribuire illogicamente alla suddetta norma una portata priva di razionalità ed al di fuori di una logica di sistema. Nel momento in cui attraverso il collegato lavoro (di cui alla legge 4 novembre 2010 n. 183), si andava ad incidere in senso riduttivo sul risarcimento del danno nello stesso tempo si sarebbe, infatti, esposta la pubblica amministrazione ad uno sforamento di bilancio, assicurando al personale della scuola un trattamento diverso e, sotto più versanti, maggiormente favorevole rispetto agli altri dipendenti pubblici, sia sul piano delle condizioni della trasformazione in contratto a tempo indeterminato, sia su quello risarcitorio (cfr. Cass. 29 febbraio 2012 n. 3056, sulla interpretazione dello ius supervenines ex art. 32, commi, 5, 6, 7 della legge n. 183 del 2010, sebbene la stessa riconosca che il risarcimento configuri una sorta di penale ex lege da assicurarsi in ogni caso e senza necessità di prova del lavoratore).
35. Tanto precisato mette conto di rilevare che lo speciale regime del reclutamento del personale scolastico c.d. precario si articola in un sistema di supplenze regolato dall'art. 4 della legge n. 124 del 1999 cit., che ai primi tre commi, testualmente, dispone: "1. Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico, qualora non sia possibile provvedere con il personale docente di ruolo delle dotazioni organiche provinciali o mediante l'utilizzazione del personale in soprannumero, e sempreché ai posti medesimi non sia stato già assegnato a qualsiasi titolo personale di ruolo, si provvede mediante il conferimento di supplenze annuali, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione di personale docente di ruolo. 2. Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell'anno scolastico si provvede mediante il conferimento dì supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche. Si provvede parimenti al conferimento di supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche per la copertura delle ore di insegnamento che non concorrono a costituire cattedre o posti orario. 3. Nei casi diversi da quelli previsti ai commi 1 e 2 si provvede con supplenze temporanee".
36. I criteri in base ai quali sono conferite le supplenze annuali sono precisati dai successivi commi 6 e 7 i quali stabiliscono, ai fini dei successivi regolamenti da adottarsi con D.M.- poi emanati con i D.M. n. 201 del 2000, n. 131 del 2007 e n. 430 del 2000 -, rispettivamente, che: "per il conferimento delle supplenze annuali e delle supplenze temporanee sino al termine delle attività didattiche si utilizzano le graduatorie permanenti di cui all'articolo 401 del testo unico, come sostituito dal comma 6 dell'articolo 1 della presente legge" (comma 6°); "per il conferimento delle supplenze temporanee di cui al comma 3 si utilizzano le graduatorie di circolo o di istituto. I criteri, le modalità e i termini per la formazione di tali graduatorie sono improntati a principi di semplificazione e snellimento delle procedure con riguardo anche all'onere di documentazione a carico degli aspiranti" (comma 7°).
37. L'art. 399 del T.U., di cui al D.Lgs n.297 del 1994, così come modificato dalla legge n. 124 del 1999, rubricato "Accesso ai ruoli", poi, testualmente dispone, ai primi due commi, che: "1. L'accesso ai ruoli del personale docente della scuola materna, elementare e secondaria, ivi compresi i licei artistici e gli istituti d'arte, ha luogo, per il 50 per cento dei posti a tal fine annualmente assegnabili, mediante concorsi per titoli ed esami e, per il restante 50 per cento, attingendo alle graduatorie permanenti di cui all'articolo 401. 2. Nel caso in cui la graduatoria di un concorso per titoli ed esami sia esaurita e rimangano posti ad esso assegnati, questi vanno ad aggiungersi a quelli assegnati alla corrispondente graduatoria permanente. Detti posti vanno reintegrati in occasione della procedura concorsuale successiva".
38. Ed ancora l'art. 401 - rubricato "graduatorie permanenti" stabilisce ai primi due commi che: "1. Le graduatorie relative ai concorsi per soli titoli del personale docente della scuola materna, elementare e secondaria, ivi compresi i licei artistici e gli istituti d'arte, sono trasformate in graduatorie permanenti, da utilizzare per le assunzioni in ruolo di cui all'articolo 399, comma 1. 2. Le graduatorie permanenti di cui al comma 1 sono periodicamente integrate con l'inserimento dei docenti che hanno superato le prove dell'ultimo concorso regionale per titoli ed esami, per la medesima classe di concorso e il medesimo posto, e dei docenti che hanno chiesto il trasferimento dalla corrispondente graduatoria permanente di altra provincia. Contemporaneamente all'inserimento dei nuovi aspiranti è effettuato l'aggiornamento delle posizioni di graduatoria di coloro che sono già compresi nella graduatoria permanente". L'art. 1, comma 605, lett. e), della Legge n. 296 del 2006 ha, infine, trasformato le graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento.
39. Da questo articolato normativo emerge, innanzitutto, che il legislatore ha mantenuto, per quanto attiene il reclutamento del personale, il c.d. sistema del doppio canale (V. per la disciplina previgente il DL n. 357 del 1989, convertito in Legge n. 417 del 1989, nonché le Leggi nn.1074 del 1971, 477 del 1973, 463 del 1978, 270 del 1982, 326 del 1984, e 246 del 1988) in virtù del quale l'accesso ai ruoli avviene per il 50 per cento de posti mediante concorso per titoli ed esami (art. 399 D.Lgs n.297 del 1994) e, per il restante 50 per cento, attingendo dalle graduatorie permanenti (art. 400 D.Lgs n.297 del 1994 cit.).
40. Scopo di tali graduatorie permanenti è quello precipuo, come rilevato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 41 del 2011, d'individuare i docenti cui attribuire le cattedre e le supplenze secondo il criterio di merito al fine di assicurare la migliore formazione scolastica.
41. Né il sistema di reclutamento in parola si pone in contrasto con l'art. 97 della Cost. disponendo questo, al terzo comma che "Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge" (V. Corte cost. n. 89 del 2003 cit.).
42. Emerge, altresì, dal contesto normativo in esame, che il sistema delle graduatorie permanenti - ora ad esaurimento - è funzionalizzato non solo alla garanzia della migliore formazione scolastica, ma anche al rispetto della posizione acquisita in graduatoria la quale, progredendo anche in relazione all'assegnazione delle supplenze (V. D.M. citati in particolare il n. 201 del 2000), garantisce l'immissione in ruolo.
43. In altri termini il conferimento dell'incarico di supplenza, specie quello annuale, è il veicolo attraverso il quale l'incaricato si assicura l'assunzione a tempo indeterminato in quanto, man mano che gli vengono assegnati detti incarichi, la sua collocazione in graduatoria avanza e, quindi, gli permette l'incremento del punteggio cui è correlata l'immissione in ruolo ex art. 399 del T.U. di cui al D.Lgs n.297 del 1994 cit.
44. Inoltre, ed è bene sottolinearlo, la formazione della graduatoria permanente ovvero di circolo o istituto è ancorata a rigidi criteri oggettivi (D.M. citati in precedenza ed in particolare il D.M. n. 201 del 2000) che costituiscono attuazione, come sottolineato da questa Corte (sent. 22 marzo 2010 n. 6851), del principio generale secondo il quale l'assunzione dei dipendenti pubblici, anche non di ruolo, deve avvenire secondo procedure sottratte alla discrezionalità dell'amministrazione (art. 97 Cost., D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 35, la cui violazione è sanzionata con la nullità del contratto di lavoro (Cfr.: Cass. 7 maggio 2008, n. 11161).
45. Il sistema delle supplenze in parola rappresenta, pertanto, sotto il profilo in esame, un percorso formativo-selettivo, volto a garantire la migliore formazione scolastica, attraverso il quale il personale della scuola viene immesso in ruolo in virtù di un sistema alternativo a quello del concorso per titoli ed esami e vale a connotare di una sua intrinseca "specialità e completezza" il corpus normativo relativo al reclutamento del personale scolastico.
46. Né può sottacersi come il sistema in esame risponda anche all'esigenza di parametrare nella scuola una flessibilità in entrata che comporta una situazione di precarietà, bilanciata, però, ampiamente da una sostanziale e garantita (anche se in futuro) immissione in ruolo che, per altri dipendenti del pubblico impiego è ottenibile solo attraverso il concorso e per quelli privati può risultare di fatto un approdo irraggiungibile. Ciò ha portato autorevole dottrina a parlare nella materia scrutinata di una tipologia di flessibilità atipica destinata a trasformarsi in una attività lavorativa stabile.
47. Per di più a tale sistema di reclutamento non sono certo estranee indifferibili esigenze di carattere economico che impongono - in una situazione di generale crisi economica e di deficit di bilancio facenti parte del notorio - risparmi doverosi per riscontrarsi nel sistema di reclutamento in esame, come detto, una seria prospettiva del riconoscimento di un lavoro a tempo indeterminato pur in assenza di alcuna legge di carattere costituzionale o comunitario capace di garantire, anche in presenza di un effettivo abuso di successione di contratti a termine, un rapporto a tempo indeterminato e pur avendo la Corte Costituzionale reiteratamente affermato che "resta affidata alla discrezionalità del legislatore la scelta dei tempi e dei modi di attuazione della garanzia del diritto al lavoro" (tra le altre, sentenza 13 ottobre 2000 n. 419 e più di recente Corte Cost. 9 novembre 2011 n. 303) .
48. E nella stessa direzione è opportuno da un lato rimarcare che - come ha osservato il giudice delle leggi - la politica del reclutamento del personale presso le amministrazioni dello Stato è dettata in conformità del contenimento della spesa pubblica perché l'assunzione di nuovo personale e le disponibilità economiche dello Stato devono adeguarsi al "principio di coordinamento della finanza pubblica" (cfr. Corte Cost. 17 dicembre 2004 n. 300), e dall'altro ricordare che, come è noto, la giurisprudenza comunitaria ha più volte evidenziato che nella determinazione della portata applicativa delle direttive un accentuato rilievo va dato alle esigenze di bilancio degli stati membri.
49. Sotto diverso profilo mette conto, poi, di annotare che il sistema in esame è, altresì, oggettivamente funzionalizzato alla esigenza di sopperire alla necessità della copertura dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre (primo comma art. 4 della legge n. 124 del 1999 cit.), ovvero alla copertura dei posti di insegnamento non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre (secondo comma art. 4 della legge n. 124 del 1999 cit.), ovvero ancora ad altre necessità quale quella di sostituire personale assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro (terzo comma art. 4 della legge n. 124 del 1999 cit.).
50. Tanto in ragione, fatte salve le "altre necessità", della discrasia tra l'organico di fatto - ossia quello che si forma all'interno dell'Istituto scolastico all'inizio dell'anno scolastico e a seguito della popolazione scolastica che risulta iscritta - e l'organico di diritto - costituito dall'insieme del corpo docente e/o del personale ATA che il Ministero assegna ad un determinato Istituto scolastico in base alla popolazione scolastica che istituzionalmente dovrebbe essere iscritta presso quell'istituto.
51. Risulta confermato, pertanto, che il descritto quadro normativo rappresenta un insieme di fonti che valgono, per la loro completezza, organicità e funzionalizzazione, a costituire un corpus speciale autonomo disciplinante la materia del reclutamento del personale in ordine al quale, non trovando applicazione, come innanzi rilevato, il D.Lvo n. 368 del 2001 - emanato in attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES - va verificata la conformità alla detta direttiva.
52. A tal fine va tenuto conto che, secondo giurisprudenza comunitaria, nell'applicare il diritto interno, i giudici nazionali devono interpretarlo, per quanto possibile, alla luce del testo e dello scopo della direttiva onde conseguire il risultato perseguito da quest'ultima e conformarsi, pertanto, all'art. 249, terzo comma, CE (V., sentenza 5 ottobre 2004, cause riunite da C 397/01 a C 403/01, Pfeiffer e a., punto 113, e giurisprudenza ivi citata, nonché sentenza 4 luglio 2006 C-212/04, Adeneler, punto 108).
53. Non senza considerare che tale obbligo di interpretazione conforme riguarda l'insieme delle disposizioni del diritto nazionale, sia anteriori sia posteriori alla direttiva di cui trattasi (V., in particolare, sentenze 13 novembre 1990, causa C 106/89, Marleasing, punto 8, e Pfeiffer e a., cit., punto 115).
54. Tanto precisato deve ribadirsi, in primo luogo, che l'accordo quadro - di cui alla Direttiva del Consiglio Ce 1999/70/CE del 28 giugno 1999 - non stabilisce le condizioni precise in base alle quali si può far ricorso al contratto a tempo determinato.
55. È, infatti, sancita soltanto l'adozione, qualora il diritto nazionale non preveda norme equivalenti, di almeno una delle misure in essa enunciate, che attengono, rispettivamente, a ragioni obiettive che giustificano il rinnovo di tali contratti o rapporti di lavoro, alla durata massima totale degli stessi contratti o rapporti di lavoro successivi ed al numero dei rinnovi di questi ultimi, pur restando fermo che gli Stati membri sono tenuti, in generale, nell'ambito della libertà che viene loro riservata dall'art. 249, terzo comma, Trattato CEE, a scegliere le forme e i mezzi idonei al fine di garantire l'efficacia pratica delle direttive (V. sentenza 4 luglio 2006 C-212/04, Adeneler cit. punto 65 e sentenza 26 gennaio 2012 C-586/10 Kücük punto 26 e giurisprudenza ivi citata, nonché: Cass. 21 maggio 2008 n. 12985) .
56. Secondo conforme giurisprudenza comunitaria la nozione di «ragioni obiettive», ai sensi della clausola 5, punto 1, lett. a), dell'accordo quadro, deve essere intesa nel senso che si riferisce a circostanze precise e concrete caratterizzanti una determinata attività e, pertanto, tali da giustificare in questo particolare contesto l'utilizzazione di contratti di lavoro a tempo determinato successivi.
57. Tali circostanze possono risultare segnatamente dalla particolare natura delle mansioni per l'espletamento delle quali siffatti contratti sono stati conclusi e dalle caratteristiche inerenti a queste ultime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro.
58. Per contro, una disposizione nazionale che si limiti ad autorizzare, in modo generale e astratto attraverso una norma legislativa o regolamentare, il ricorso a contratti dì lavoro a tempo determinato successivi non soddisfarebbe i requisiti precisati nei due punti precedenti. Infatti, una siffatta disposizione, di natura meramente formale e che non giustifica in modo specifico l'utilizzazione di contratti di lavoro a tempo determinato successivi con l'esistenza di fattori oggettivi relativi alle caratteristiche dell'attività interessata e alle condizioni del suo esercizio, comporta un rischio concreto di determinare un ricorso abusivo a tale tipo di contratti e non è pertanto compatibile con lo scopo e l'effettività dell'accordo quadro (sentenza 4 luglio 2006 C-212/04, Adeneler cit. punti da 69 a 72 nonché sentenza 28 aprile 2009 C-370/07 Angelidaki punti 101 e segg.).
59. Alla luce della richiamata giurisprudenza comunitaria ritiene questa Corte che il corpus normativo disciplinate il reclutamento del personale, nel consentire la stipula di contratti a tempo determinato in relazione alla oggettiva necessità di far fronte, con riferimento al singolo istituto scolastico - e, quindi, al caso specifico -, alla copertura dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre, ovvero alla copertura dei posti di insegnamento non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre, ovvero ancora ad altre necessità quale quella di sostituire personale assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro, riferendosi a circostanze precise e concrete caratterizzanti la particolare attività scolastica costituisce "norma equivalente" alle misure di cui alla clausola 5 n. 1, lett. da A) a C) dell'accordo quadro secondo quanto indicato dalla sentenza 28 aprile 2009 C-370/07 Angelidaki cit..
60. Rileva, altresì, ai fini di cui trattasi, - e con riferimento alle fattispecie regolate dal primo e dal secondo comma dell'art. 4 della Legge n. 124 del 1999 cit. - quale fattore oggettivo, relativo all'attività scolastica, lo stretto collegamento tra la necessità di ricorrere alla supplenza e la ciclica variazione in aumento ed in diminuzione della popolazione scolastica e la sua collocazione geografica.
61. Né può non considerarsi che, come in precedenza rimarcato, il sistema delle graduatorie per garantire l'oggettività della scelta dell' incaricato, la migliore formazione scolastica (Corte cost. n. 41 del 2011 cit.) e la stessa immissione in ruolo dell'incaricato - la cui posizione in graduatoria progredisce, in ragione dell'assicurato diritto di precedenza, in funzione del numero delle supplenze - comporta necessariamente la reiterazione degli incarichi che, pur tuttavia, come osservato, rimangono temporanei e collegati ciascuno alla specifica e precisa esigenza del singolo istituto scolastico.
62. Al riguardo va ricordato che la direttiva n. 70 del 1999 guarda alla successione di più contratti di rapporti di lavoro a tempo determinato come potenziale fonte di abuso in danno dei lavoratori dipendenti sì da richiedere apposite disposizioni di tutela minima (dirette ad evitare la "precarizzazione" della situazione dei lavoratori suddetti), identificabili non di certo in norme legali o regolamentari limitate ad autorizzare - in modo generale ed astratto il ricorso a ripetuti contratti di lavoro a tempo determinato (sentenza 26 gennaio 2012 C-586/10 Kücük, punto 28, e sentenza 28 aprile 2009 C-370/07, Angelidaki cit., punto 97). Il fatto che i contratti di lavoro a tempo indeterminato costituiscano la forma comune dei rapporti di lavoro, non esclude però che i contratti di lavoro a tempo determinato possano rappresentare una caratteristica dell'impiego in alcuni settori e per determinate occupazioni e attività, sicché viene lasciato agli Stati membri una certa discrezionalità nello stabilire le condizioni precise alle quali si può fare uso di questi contratti (sentenza 26 gennaio 2012 C-586/10 Kücük, cit. punto 52; sentenza 4 luglio 2006 C-212/04, Adeneler, cit. punto 91; sentenza 7 settembre 2006, causa C-53/04, Marrosu e Sordino, punto 47; sentenza 28 aprile 2009 C-370/07, Angelidaki cit. punti 145 e 183) .
63. È corollario di quanto ora detto che spetta al giudice nazionale di valutare se in concreto l'impiego di un dipendente per un lungo periodo di tempo in forza di ripetuti e numerosi contratti sia rispettosa della clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro (sentenza 26 gennaio 2012 C-586/10 Kücük, cit. punto 55), che deve ritenersi, nel caso di specie, rispettata perché il reiterarsi degli incarichi, come rilevato - ma è opportuno ribadirlo - risponde ad oggettive, specifiche esigenze, a fronte delle quali non fa riscontro alcun potere discrezionale della pubblica amministrazione, per essere la stessa tenuta al puntuale rispetto della articolata normativa che ne regola l'assegnazione.
64. Alla stregua delle esposte considerazioni ritiene questa Corte che la specifica disciplina del reclutamento del personale scolastico, ed in particolare quella relativa al conferimento delle supplenze, è conforme alla clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro di cui alla Direttiva del Consiglio Ce 1999/70/CE del 28 giugno 1999 e costituisce, quindi, "norma equivalente".
65. Premesso che il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia è ammesso soltanto ove al giudice nazionale si ponga un dubbio relativo alla interpretazione e all'applicazione delle norme comunitarie, ma non nel caso in cui a questi si ponga l'opposto problema di interpretare la norma interna al fine di verificarne la compatibilità con la normativa comunitaria (V. sentenza 17.6.1999 C. 295/97 Piaggio Spa, nonché: Cass. 22 settembre 2006 n. 20708 e Cass. 15 maggio 2007 n. 11125), osserva il Collegio che la rilevata esistenza di molteplici conformi pronunce della Corte di giustizia delle Comunità europee sull'interpretazione della norma comunitaria dì cui trattasi (V. tutta la uniforme giurisprudenza comunitaria citata nei precedenti punti da 54 a 59 e da 62 a 63) induce a ritenere che si è in presenza di un acte claire. Questo come tale, quindi, - non lasciando spazio ad alcun ragionevole dubbio sulla esegesi della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES - non impone al presente giudice di ultima istanza l'obbligo di rinviare, in via pregiudiziale, alla predetta Corte di Giustizia la questione d'interpretazione della richiamata norma comunitaria (Cfr. sentenza 6 ottobre 1982, C-283/81, Cilfit nonché Corte EDU sentenza 20 settembre 2011, ric. nn. 3989/07 e 38353/07, Ullens de Schooten e Rezabek nonché, per tutte e da ultimo, Cass. 26 marzo 2012 n. 4776).
66. Del resto che il rinvio pregiudiziale non debba essere disposto allorquando la lettura delle direttive comunitarie consenta al giudice nazionale di accertare - attraverso una documentata, ragionata e poi motivata attività ermeneutica - la loro piena compatibilità con le norme interne, risponde al principio ora costituzionalizzato del processo "giusto" e di "ragionevole durata" (art. 111, commi 1 e 2, Cost.) dal momento che un ricorso "disinvolto" alla pregiudiziale - perché non sorretto da una congrua e doverosa riflessione ed attenzione - potrebbe, in assenza di un ragionevole dubbio sulla esegesi delle suddette direttive, finire per determinare, oltre che pregiudizievoli ricadute sul versante socio-economico, anche alti costi privi di giustificazione.
67. Dei principi sopra enunciati la sentenza impugnata ha fatto, dunque, corretta applicazione per avere osservato che, nel caso di specie, non è ontologicamente configurabile quell'abuso di diritto ritenuto sanzionabile dalla direttiva e dalla giurisprudenza comunitaria in quanto le ragioni che stanno alla base dei contratti a termine assumono una "oggettiva portata" per riguardare situazioni fattuali rispetto alle quali non è lasciata alcuna discrezionalità alle autorità scolastiche le quali non possono esimersi dall'individuare i soggetti destinatari di tali contratti nel rigoroso rispetto della normativa regolante la materia.
68. La Corte territoriale ponendosi infatti - come espressamente rimarca in continuità con un indirizzo della giurisprudenza di merito - ha sostanzialmente messo in rilievo che la successione di una pluralità di contratti a tempo determinato, attraverso la quale si succedono le supplenze annuali e quelle temporanee - sia per la copertura di posti non vacanti e di fatto disponibili sia per la sostituzione del personale assente per congedo, aspettativa, congedo ecc -, non concretizza di certo in alcun modo l'abuso ai danni dei lavoratori contemplato dalla direttiva comunitaria perché una siffatta successione è funzionalizzata a ragioni - è bene ripeterlo - di natura obiettiva, come quelle di assicurare la continuità nel servizio scolastico - obiettivo di rilevanza costituzionale - a fronte di eventi contingenti, variabili ed in definitiva imprevedibili, non solo nelle loro concrete ricadute a livello territoriale per la popolazione scolastica interessata, ma anche nella collocazione temporale.
69. Per concludere, quindi, la sentenza impugnata - essendo pervenuta, sia pure con motivazione parzialmente diversa, ad analogo risultato - va confermata previo l'esercizio dei poteri correttivi di cui all'art. 384, ultimo comma, cpc.
70. Con riferimento, poi, alla domanda del ricorrente a vedersi riconoscere il diritto al risarcimento del danno subito, va affermato che la sua infondatezza è corollario della mancanza di un abuso del diritto nel succedersi di detti contratti. Tale conclusione, infatti, si presenta obbligata per ricavarsi al di là di ogni dubbio, come in precedenza evidenziato, sia dalla normativa statale che da quella comunitaria la piena legittimità del reclutamento del personale scolastico articolato sulla successione di pur numerosi contratti a termine, ravvisandosi un abuso del diritto nel caso - non ricorrente di certo nella controversia in esame - in cui si sia in presenza di supplenze annuali o temporanee al di fuori delle condizioni legislativamente previste (come, ad esempio, nel mancato rispetto delle graduatorie nella assegnazione delle supplenze), che rende azionabile un sistema capace - in ragione di una accentuata responsabilizzazione dei dirigenti pubblici e del riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni subiti dal dipendente - di prevenire, prima, ed eventualmente di sanzionare, poi, in forma adeguata, l'utilizzo abusivo da parte dei suddetti dirigenti dei contratti o dei rapporti di lavoro a tempo determinato (cfr. di recente sul punto: Cass. 13 gennaio 2012 n. 392 cit.).
71. A sostegno di quanto ora detto si è puntualmente osservato in dottrina che se l'ordinamento ha disconosciuto, come detto, con una disposizione di rango costituzionale il diritto alla costituzione di un rapporto a tempo indeterminato, appare arduo poi concepire la risarcibilità di un mancato diritto - quale quello richiesto volto a parametrare il risarcimento ad E. 5.000,00 per ogni contratto - perché manca il presupposto stesso della tecnica risarcitoria, che è quello di ripristinare, attraverso la restaurazione dell'ordine giuridico violato, la situazione soggettiva che, garantita da una norma giuridica, venga in concreto a subire una lesione. E proprio disconoscendo ogni rilevanza giuridica ai periodi d'inattività lavorativa nel caso di succedersi delle supplenze questa Corte di Cassazione - seppure in una fattispecie diversa ma con qualche analogia con quella in esame - ha affermato che la categoria del personale supplente si caratterizza per un rapporto di servizio che, fondato su incarichi attribuiti di volta in volta, si interrompe nell'intervallo da un incarico ed un altro per cui non spettano, con riferimento al periodo non lavorato, gli scatti biennali (cfr. in tali sensi Cass. 8 aprile 2011 n. 8060, che invece ha riconosciuto detti scatti ai docenti di educazione musicale per avere visto costoro con apposita e specifica normativa novato il loro rapporto non di ruolo a tempo indeterminato sino alla successiva immissione in ruolo).
72. All'esito delle considerazioni, sinora svolte, nelle quali rimangono assorbite tutte le ulteriori argomentazioni poste a base delle esaminate censure, il ricorso va, pertanto, rigettato.
73. La novità della questione trattata e la complessità della materia giustificano la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5 giugno 2012.

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